lunedì 21 gennaio 2008

Intervista ad Andrea Giordana- pubblicata su Zai.net

SPETTACOL(ARE)O

ANDREA GIORDANA E’ OTELLO

UN RAPIDO SCAMBIO DI BATTUTE CON COLUI CHE CI EMOZIONERA’ DALL’ALTO DEL PALCOSCENICO SOFFRENDO A CAUSA DEI DEMONI DELLA DIVERSITA’ E DELL’AMORE.

Di Gioele Maria Pignati, 19 anni

Fabriano (AN)

www.gmparticoli.blogspot.com

In collegamento radiofonico con la lontana Bellinzona, una ridente cittadina della Svizzera, ho l’onore di intervistare uno dei volti più importanti d’Italia nel campo della recitazione, Andrea Giordana, passato alla storia come il miglior Edmon Dantes che il cinema in bianco e nero possa ricordare ed ora atteso all’Eliseo di Roma per la sua singolare interpretazione dell’Otello. Seguitemi ed ascoltate cosa ci siamo detti.

Nell’Otello del Sepe non si vuole né attualizzare né ricalcare fedelmente il modello del famosissimo capolavoro scespiriano. Ma allora, di fronte a che opera ci troviamo?

Il nostro tentativo consiste nel mostare un Otello totalmente differente da quello ufficiale. Siamo entrati nelle sue stanze più segrete e soprattutto nella profondità del suo dolore, pur senza inventare nulla che non appartenesse già alla vena creativa dell’autore inglese. Per esprimere il fulcro attorno al qualche è ruotato il nostro lavoro basterebbe questa battuta: “io devo piangere, ma queste sono lacrime crudeli perchè il mio è un dolore assoluto che colpisce solo quando si ama”. E’ così che poi abbiamo ripercorso la strada di Otello in tutta la vicenda d’amore con Desdemona.

Molti sono stati i complimenti, ma inevitabilmente, di fronte ad un’impostazione tanto particolare, anche le critiche non sono mancate. Qualcuno sostiene addirittura di essersi trovato in presenza di un’Otello “liofilizzato”. Che ne pensa di un commento come questo?

Evidentemente questa è l’affermazione di qualcuno che non avendo voglia di uscire dalla classica routine non compie alcuno sforzo nel tentativo di comprendere il tipo d’operazione presente dietro lo spettacolo. E’ vero, abbiamo asciugato qualcosa, specialmente ciò che non ci sembrava in linea con questa visione psicologica dell’ Otello, ma di certo non abbiamo liofilizzato. Al giorno d’oggi non avrebbe più senso far risaltare la figura del doge, le alabarde o i costumi. Ci interessava piuttosto di andare al nocciolo della questione: la storia d’amore tra Desdemona ed Otello e l’estremo dolore del “moro” che ne scaturisce. Se poi qualcuno vuole ancora vedere spadini e gonnellini, farebbe meglio a seguire altri attori, perchè a me non interessa affatto fare quel tipo di teatro.

Si può definire l’Otello in generale, un’opera in qualche modo attuale?

Assolutamente sì. Innanzitutto c’è la tragedia della diversità di Otello, uomo di colore, che, guardando ai recenti episodi concernenti i Rom e l’anti-semitismo, ci appare estremamente vicina. Poi c’è la tragedia della parola, attraverso la quale Shekspeare, già da allora, ci richiamava all’attenzione: la parola infatti è un sistema di comunicazione e, qualora la si deformasse connotandola con un doppio significato o la si patinasse rendendola magari anche volgare, si rischierebbe di cambiare o deformare la realtà raccontata, come d’altronde fa Iago di sua spontanea volontà. Tutto questo è facilmente ricollegabile al nostro rapporto con i media, che quotidianamente ci infarciscono di parole spesso usate male o in maniera parziale in modo tale da raccontarci una verità che non è mai assoluta, ma spesso e volentieri artefatta.

Che pubblico avete incontrato lungo il vostro cammino negli ultimi mesi?

Il nostro pubblico è stato semplicemente strepitoso. Sempre tutto esaurito e non sono mancate nemmeno le scolaresche. Specialmente di quest’ultime vado particolarmente orgoglioso: amavano questo linguaggio, questo coraggioso parlare di sentimenti senza pudore e, al tempo stesso, senza sentimentalismi. Magari fosse sempre così. Oggi in Italia non si ha più il coraggio di parlare di sentimenti ed emozioni, tanto che gli stessi registi finiscono per tagliare scene emotivamente coinvolgenti per il pubblico. Sembra quasi che l’emozione spaventi gli italiani, ma ringraziando il cielo ci sono ancora i giovani!

Una confessione: quando si apre il sipario, c’è ancora un po’ di paura?

No, non parlerei propriamente di paura. Nel caso di Otello, come d’altronde mi è già capitato altre volte, poco prima dello spettacolo ho come un certo fastidio alla bocca dello stomaco perchè so che da quel momento, per le due ore successive, dovrò attraversare un mondo doloroso fatto di una sofferenza nella quale finisco per incarnarmi totalmente. Però come si apre il sipario ed entro in scena dimentico tutto e cerco solamente di calarmi fino in fondo nei sentimenti del personaggio.

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